... Certo la sua ricerca artistica rivela una riflessione e una preparazione di carattere critico; ed è un bene in questo momento di trionfante empirismo...
Giulio Carlo Argan, Roma
1987
...Non è da oggi che Nevio Bedeschi ha scoperto il fascino della problematica cosmica, delle aggressioni positive della scienza e della tecnica sulla misteriosità del cosmo; ma mai come ora egli ha tratto una così lucida immaginativa e ne ha raggiunto una così limpida ed intellettiva percezione, la quale talvolta sfiorerebbe i limiti del disumano che suggerisce l’infinità spaziale, se non fosse per la costante presenza di un sia pur a volte appena percettibile sentimento umano... il suo problema non è quello di evadere nell’area aperta e possibilista di una qualsiasi astrazione, ma è invece quello preciso ed anche abbastanza assillante non soltanto dei fenomeni cosmici, ma dell’ingerenza dell’uomo nel cosmo, in quell’infinito fino a ieri imperscrutabile e che oggi invece è entrato nella problematica umana come fatto di conquista e di, prevedibilmente, prossima assimilazione nella quotidianità dell’uomo.La comunicativa immaginifica di Bedeschi conduce il problema ad una equivalenza di poeticità.
Marcello Azzolini, Bologna
1969
Tutta l'arte del secolo appena passato ha coltivato l'utopia di tornare alle radici, al disegno infantile; Paul Klee intimava agli artisti di andare a scuola dai bambini oppure alle cosiddette arti selvagge, che noi preferiamo qualificare come etniche, e ci si imbatte così nelle "signorine d'Avignone" di Pablo Picasso, con sul volto una maschera africana, forse quella scovata da Vlaminick nella osteria di un porto di mare. Nevio Bedeschi sembra aver portato questa utopia alle estreme conseguenze: è risalito fino alle origini dell'arte, a quel paleolitico superiore che ha visto un popolo di cacciatori, d'improvviso colpito da una folgore creativa, dipingere, cominciando da più di trentamila anni fa; si veda la grotta di Chauvet, la più antica di tutte, una costellazione polimorfa di animali, bisonti, cervi, cavalli, renne a formare il primo grande museo animalista dell'uomo. Una gran parte del lavoro di Nevio Bedeschi, perlomeno quella che, visti i miei interessi, mi ha coinvolto di più, è stata rivisitazione pittorica di quelle remote immagini totemiche, citate, trasformate e mescolate a simboli presi dal mondo contemporaneo, per esempio un segnale stradale, quasi a suggerire che l'arte non ha tempo, è l'eterno presente su cui ha scritto Gideon in un suo celebre libro. La preistoria è sempre presente, ma contaminata con figure geometriche, lettere, strutture poste sui confini dell'astrazione o dell'informale, spesso simili a frammenti di manifesti strappati, oppure a sogni di un medioevo fantastico e sommerso. Come nei graffiti e nei dipinti preistorici e del pari nei disegni infantili o anche in taluni di quei murales che di notte degli artisti sconosciuti dipingono sulle pareti delle case, ci troviamo di fronte, nelle opere di Nevio Bedeschi, e delle continue trasparenze: le immagini si sovrappongono, si combinano in caleidoscopi percettivi, naufragano in macchie e in coaguli. Però, il paesaggio in fondo, su tela o su carta poco importa, resta sempre il fantasma, se si può dire così, della scabra parete di una grotta e le mani oranti che citano Gargas, o i cervi, che sembrano galoppare a Lascaux, continuano a fare una prodigiosa allucinazione pittorica che, con Nevio Bedeschi, ci riporta alle origini
Giorgio Celli, Bologna
2007
Egli è riuscito a determinare una certa distanza tra l’io che guarda e gli oggetti guardati, distanza che non è più visione tradizionale e neppure spazio magico surrealisteggiante, bensì possibilità di convivenza umana tra l’uomo ed il mondo insistentemente costruito che lo fascia da ogni parte...Bedeschi pensa che lo sguardo dell’uomo può elevare ciò su cui si sofferma, dall’essere solo un elemento funzionale di un ordine qualsiasi, sino alla poesia.La lucidità del suo sguardo ci avverte che il suo vedere di pittore è già, come direbbe Leonardo, cosa mentale...
Giorgio Kaisserlian, Milano
1966
... Nevio Bedeschi nel corso della sua ormai non breve vicenda di pittore ha vissuto le fasi, caratteristiche della storia di questi anni sospesi “fra rivolta e rivoluzione” scontandone tutte le ambiguità e le sconfitte ma anche assumendo, a livello di linguaggio, le suggestioni dialettiche che la coscienza dei tempi è venuta imponendo non soltanto agli artisti. Ciò ha determinato aperture improvvise ed altrettanto improvvisi arroccamenti dell’immagine in una sorta di instabilità formale di cui resta ancor oggi traccia vivibilissima....
Franco Solmi, Bologna
1975
....La sua pittura è tutta giocata sul contrasto tra antico e moderno, natura e tecnologia, organismo vivente e macchina. Vediamo così voli pazzi di colombe contrapposti al fiume di automobili, complesse strutture funzionali imprigionare il cielo e incombere su sgomenti campioni di umanità, rami fioriti svettare sullo sfondo di cupe architetture industriali. A volte, il posto che nell’antitesi era tenuto dalla creatura umana, dall’uccello o dalla pianta, è occupato, con significativa variante, da un elemento dell’antica civiltà pre-tecnologica come nell’immagine della motocicletta a contrasto col bassorilievo romano.
Franco Poni, Modena
1982
... Allora l’artista, che è poeta, a queste parole del linguaggio politico sostituisce il sentimento della fraternità, il bisogno di allacciare la mano. La sua fantasia e inventa il mondo e non c’è più lo straniero né ci sono più barriere, così come non c’è tra piante fiori, cosi come non ci sono due o tre cieli, due o tre soli, due o tre lune ... Bedeschi riesce ad essere sempre l’immagine del suo tempo, l’immagine con tutte le sue insorgenze e i suoi misteri, non la fotografia. Conoscendo nel profondo la sua tenerezza, si difende fino a chiudersi nella geometria, ma dal contrasto emozione e astrazione, quasi come arma di difesa, nasce l’intrico della sua creatività.
Davide Lajolo , Milano
1977
..... Bedeschi esalta la sua vena narrativa in veri e propri assemblaggi di memorie e di cronaca con una continuità di azione che rinvia, in fondo, alla militanza realista degli anni Sessanta (ricordo l’attenzione posta in quel tempo alle tematiche del sociale e la partecipata adesione a rassegne e concorsi dedicati alla Resistenza) ed al successivo riflesso espressionista di stampo intimista ed esistenziale. Non è a caso, giusto in quel tempo ( ma il giudizio ci sembra pertinente anche per il lavoro più recente di Bedeschi), Marcello Azzolini invitava a cogliere nelle opere dell’artista faentino “un atteggiamento contemplativo, che va integrato con le capacità intuitive di chi si accosti per la prima lettura; un invito alla partecipazione creativa attraverso l’interpretazione”.
Orlando Piraccini, Cesena
1980
.....Bedeschi si conferma vero interprete del confronto esistenziale fra la memoria e il presente; possiede una forza narrativa profonda senza mai rinunciare alla dimensione interiore e spirituale. Rivive nelle sue tele il tempo del mito in cui si intrecciano l'epos e l'umano, attraverso dinamici intrecci e vettori di forza, confondendosi con il nostro tempo, con i suoi valori morali e profondamente radicati sul tessuto della storia e della memoria.
Caterina Mambrini, Galeata
2009
... Bedeschi è tra quelli che con più qualità hanno inventato una scuola che potremmo chiamare del “regard”, dello sguardo, che ha ormai una sua storia. La scuola del “renard” che parte da un impianto veristico fotografico, disegni di analisi e ispirati alla fotografia, ha il suo acme negli anni sessanta, proprio quando Bedeschi ha incominciato a farsi notare, in primis.....egli manifesta la propria sensibilità individuale nel prendere atto dei fenomeni sociali. Un animale, una scena di figure, disegnate in modo chiaramente figurativo, sono sezionate, riportate in quadrati, in strisce per dare il senso della frammentarietà del tempo, del rapporto difficile tra la visione obiettiva e quella della memoria, di storia della compresenza dell’arcaico e dell’attuale, delle figure egizie e dei giovani che manifestano...
Raffaele De Grada, Milano
1984
.... Si legittima il titolo dato dal pittore alla sua ricerca, quello cioè di cronaca cosmica, ove il cosmo non è soltanto, e neppure tanto, quello di recente avvinto all’esperienza umana, quanto il cosmo quotidiano – per intenderci non l’odissea nello spazio, ma piuttosto quella dell’Ulisse di Joyce – di ciascuno di noi, colto attraverso le sue immagini bersaglio. E che di microcosmo spesso si tratti lo dimostra il sovrapporsi, sulla stesura del quadro, di gigantesche lenti di ingrandimento, per ora solo allusivamente dipinte, che attraverso la sfalsatura prospettica degli elementi geometrici, affermano l’esigenza di un punto di vista particolare ed individuale, nel mondo delle immagini, ormai archetipe, dei simboli tecnologici.
Roberto P. Ciardi, Pisa
1970
... Egli parla di percezione, insieme di meccanismi psichici, e persino accenna a tensioni ambientali.... ha il pregio di intendere la pittura come una ricerca continua, di credere più nell’indagine diramata che nel perpetuarsi di una sigla espressiva: oltre la qualità intrinseca delle immagini, è questo il segno dell’attualità della sua esperienza.
Gian Carlo Romiti, Bologna
1986
…..Ha indagato criticamente quelle costanti antropiche in grado di svelare la realtà senza dirla, e perciò sorprenderla ironicamente nell’abbinamento tra un’immagine presa dalla storia dell’arte e un’immagine catturata da uno qualsiasi dei nostri sacrari visuali, sia questa la televisione oppure una rivista, o un settimanale illustrato. Ecco allora a mò di analogia una figurazione etrusca di lottatori comparire nella stessa tela con l’immagine di una mischia di football americano, come a dire che la violenza, sia pure per gioco, è costante dell’uomo, e a suggerire poi tra le righe che il fatto che la violenza divenga pure gioco e resti nel tempo non va a nostro favore.Denuncia nei confronti dei misfatti dell’uomo, rabbia per la sua puerile stoltezza; eppure se il contenuto dei quadri tradisce una fastidiosa inquietudine, in qualche momento indubbiamente drammatica, la forma invece, il modo della figurazione, lo squillare dei colori, danno un qualche remoto senso di speranza, di tenera per quanto disincantata fiducia nell’uomo…..
Angelo Andreotti, Ferrara
1991
…. Nel movimento, nella capacità di ottenere l’illusione della vita, in una rievocazione soggettiva percorsa dal sentimento della vanità degli accadimenti, Bedeschi coglie sempre nuove occasioni di esprimersi al di fuori dei comuni schemi. Nella preziosità della materia cromatica, la storia del quotidiano scorre come in una sequenza cinematografica, agile e veloce. Infatti il recupero di un siffatto modulo figurativo nasce dalla necessità di superare il limite della mera narrazione a favore di una rappresentazione culturalmente articolata e autonoma che supera l’idea creativa mediante l’esperienza più meditativa nel rapporto di comunicazione con gli altri.
Giulio Gasparotti, Venezia
1992
…..Per Nevio Bedeschi il modo di essere artista, di pittorica categoria, non è quello del rappresentare più o meno soggettivamente il cosiddetto bello di natura (sebbene è un modo suo di confrontarsi con diverse realtà spesso tra loro lontane nel tempo e/o nello spazio).
In altre parole, con un rapportarsi a ciò che l’uomo ha “creato” e “crea”, specie nel bacino mediterraneo, il pittore ripercorre-rivisita alcune delle tante tappe della civiltà (e/o inciviltà, come quando egli dà corso ad una coscienza ecologica).
I suoi dipinti, chiamando in causa “iconosfere” che da immagini di preistoriche grotte vanno ad immagini egizie, greche, etrusche ed oltre, possono istituire un parallelo tra lottatori antichi e giocatori di palla ovale, tra Einstein ed Epicuro….Insomma, per Nevio la “crociana” sintesi di forma e contenuto ha ancora un senso.... e scusate se è poco.
Dino Pasquali, Firenze
1997
….. Recentemente la svolta (a mio avviso repentina e radicale), il recupero della storia come memoria viva e riattualizzabile. Gli Etruschi vengono “citati” (ma non si tratta di citazione come la intendeva Calvesi), ma di una necessità della riproposizione “antica” come laboratorio per l’oggi e come presenza formale…. anche il colore subisce mutazioni perché si fa più “caldo” quasi volesse assemblare tutti gli accenti della pietra mediterranea. Per chi conosce di persona l’autore non ci sono dubbi che il calore di cui prima parlavo è anche quello di uno sguardo dolce ed amicale e Nevio è la conferma di quella tesi di estetica che vorrebbe la totale simmetria tra bontà della pittura e bontà della persona.
Franco Patruno, Ferrara
1992
….Bedeschi è artista che ha sempre saputo fondere, con un linguaggio immediatamente evocativo, le suggestioni dell’arte antica e della grande arte rinascimentale con le forme e gli input dell’espressività contemporanea, quasi a voler superare il confine tra passato e presente con accostamenti forti ed espliciti, a volte arditi, ma sempre efficaci.Il fatto che nella più recente fase del suo complesso e lungo cammino artistico egli si sia rivolto con evidente trasporto a rileggere, quasi a far suoi i graffiti preistorici e le pitture della grotta Chauvet e dell’arte rupestre del Paleolitico, sorprende, ma non contrasta con la linea estetica cui ci ha abituati
Giovanni Tassani, Forlì
1997
……Il passato viene trascritto nel presente senza lacerazioni psicologiche, dando luogo ad una forma di ibridismo estetico, per cui i riti ed i miti dell’antichità si fondono con la cronaca attuale …..la pennellata gestuale e dinamica cancella le figurazioni antiche, oppure si innesta in esse, in modo tale che il colore sembra colare, come emerso dalla polvere del tempo, dopo un restauro…
Gabriele Turola, Ferrara
1992
…….La strada percorsa nell’ultima produzione da Bedeschi, mirante a coniugare passato e consapevolezza del presente, in altri termini la storia dell’arte con la coscienza della contemporaneità. Il pittore non si lascia catturare dalla nostalgia e dal sentimento della decadenza: si fa spettatore neutrale, osservatore – testimone, appunto – di tracce “vestigia”, come le chiama, che il mondo antico ha tramandato e che il presente stenta a riconoscere, perché non sa o non può identificarle.
Aldo Savini, Ravenna
1992
……Chiara è la linea che collega le fasi del suo lavoro nel tempo, sin dagli inizi: l’attenzione ai problemi dell’uomo nella vita politica (della polis, non partitica) e nella società. Le variazioni di stile sono sempre state connesse alle tematiche con aderente espressione e con la naturale evoluzione dettata dall’esperienza: le suggestioni astratte, il naturalismo e il realismo, i lacerati brani d’influenza baconiana, le geometrie costruttive luminose e contrastate, il taglio fotografico, sono stilemi che attraversano decenni di lavoro, mentre le sintesi di avventure extraterrestri, gli accostamenti di concezioni figurative diverse e anche opposte come quelle veriste e geometriche o le più recenti tra antico e moderno sono alcune significative tappe di un cammino orientato nell’attenzione all’uomo e al suo ambiente…..Il confronto fra iconografie di epoche antiche e moderne rifasa il rapporto tra concezioni della vita distanti e comunemente ritenute antitetiche raffigurando l’eterna vicenda umana: idee, miti, bisogni, istinti che hanno una medesima sorgente negli inesplorati recessi dell’anima e della natura, si rivelano immutati di sostanza nei millenni. Il messaggio, l’impegno umano e sociale trascendono le ragioni del momento per una presa di coscienza dei grandi problemi del nostro tempo e si fanno universali per la forza evocativa dell’arte.
Arrigo Grazia, Bologna
1995
... Il rapporto fra l’uomo e il corredo tecnologico e consumistico, fra l’uomo e la violenza sull’uomo, non è l’unico leitmotiv nell’opera di Bedeschi. Un altro motivo dominante prende l’avvio da una dimensione sociologica, da un proposito di campionatura e interpretazione di vari aspetti della vita attuale, desunti dall’immagerie quotidiana degli strumenti di comunicazione, strettamente connessi e correlati nell’opera a figurazione di arte antica. Uno di questi episodi raffigura una mischia di giocatori di football sovrastati dall’immagine di un gruppo di lottatori etruschi. L’”improvviso” della scena suggerisce come una sorta di continuità, o atemporalità del tutto. Come dire: i nuovi riti reinventano antiche situazioni, le fanno riemergere dagli incavi del tempo annullando il tempo stesso.
Giordano Viroli, Forlì
1990
……Nevio diffonde un sereno classicismo, lontano ed incurante delle inquietudini manieriste, nelle sue creazioni che si leggono, si gustano, si approfondiscono, si apprezzano per la loro forza poetica e fantastica……tocca corde che hanno una risonanza unica nel sentimento collettivo, creando spazi scenici dove lo spettatore viene accolto perché vi si collochi con la sua immaginazione e possa vivere la sua storia ricolmo di bellezza e di forza, di abilità
Isidoro Giannetto, Troina (Enna)
1996
….L’artista induce a comprendere quanto solido sia il legame culturale con il passato e quanto imprescindibile sia la valorizzazione di una tradizione, ad elevatissimo valore semantico, in un momento in cui ogni scelta sembra proiettata al superamento tecnologico degli assunti delle età trascorse….le frequenti tarsie geometriche, delineate da calibrate linee e tattili sfumature, liberano lo spazio pittorico in una tensione spirituale volta oltre i limiti areali del quadro. L’artista, come in un teorema, parte da ipotesi iconografiche e stilistiche già accreditate nella nostra memoria, per addivenire alla dimostrazione di tesi che, nell’universo dei valori semantici atemporali, dispiegano soglie schiuse ed ambiti presenti e ad urgenze future.
Enzo Dall’Ara, Forli
1997
…. Bedeschi si interroga; si interroga da sempre, persona colta com’è, intorno ai principi e ai valori primi della realtà umana; cerca una verità che lo confronti nel deluso processo alle istituzioni del suo tempo storico; la lettura analogica dei suoi dipinti rinvia fatalmente ad un immaginario “paradiso terrestre” dove ancora resiste all’usura dell’entropia generale “l’albero della vita”. A quell’albero, in qualche modo, hanno guardato i maggiori artisti di tutti i tempi; il suo simbolo biblico era conosciuto anche prima che il caos diventasse storia; nei riti delle caverne paleolitiche dove le incisioni policrome raffigurano l’incentro culturale della vita, il mistero delle rappresentazioni accorpa la memoria di selve lupine, quindi di cacce, alla presenza metafisica, apotropaica, di una entità superiore capace di mettere ordine e disciplina al fluire delle stagioni umane.
Umberto G. Tessari , Verona
1997
…..Siamo di fronte ad un artista, Nevio Bedeschi, che sa fare della pittura un motivo essenziale di costruzione mentale e , insieme, dare ad essa contenuti simbolici; fa cioè partire il messaggio pur nella bellezza composita dell’opera. E nelle presenze stilizzate, incisive, con retaggi quasi di graffiti o le integrità della natura troviamo o scopriamo un Nevio Bedeschi sempre a caccia del “suo” nuovo, un mondo esclusivo che gli appartiene e ne fa un artista autentico….
Cesare Baldoni, Ancona
2000
…..Ci viene così confermata la teoria di Nevio Bedeschi: essa, partendo dal simulacro delle idee per estrarre la sostanza più intima e segreta è una realtà, una riflessione che prende forma dai simboli, dai miti, un ragionamento, fatto certamente dalle sue ascendenze culturali. Ma vi è in tutte queste opere un filo conduttore che doveva necessariamente portare Bedeschi agli attuali mezzi di espressione. Come nella materia profondamente lavorata, il disegno è inciso come un leggero graffito, (Bedeschi è un ottimo disegnatore) a scontornare i profili di questi suoi storici personaggi, sia che siano affreschi murali di età paleolitica o che siano etruschi.Bedeschi, è uno dei pochi, dei pochissimi, ad affrontare e portare avanti un suo discorso personale con una serietà, un rigore ed una coerenza che in realtà rappresentano il contrassegno più certo ed autentico non tanto e non soltanto della sua vocazione quanto della maniera inconfutabile di fare pittura in una logica della propria esattezza politica.
Umberto Zaccaria, Modena
2001
…..Se tra le opere di Bedeschi esaminiamo in particolare il recente “ciclo dei miti” vediamo come il confronto tra due universi, l’antico ed il moderno, faccia risaltare situazioni e motivi rimasti intatti nei secoli. I lottatori antichi, che hanno la faccia di innocenti sognatori, ricordano come la violenza sia propria dell’uomo e della società di ogni tempo; le danzatrici egizie sono colte in relazione di movimento con il balletto moderno a dimostrare che l’articolazione fisica è uguale a quella del passato. Pitture tombali e raffigurazioni riportate su pietra dalla preistoria al medioevo sono messe a confronto con i simboli dell’odierna società industriale…consapevole del destino dell’uomo, è sognante ed imperativa la sensibilità di Bedeschi, ricca di armonia mediterranea e di ispirazione ellenica che si colgono nell’incanto del paesaggio e nella costruzione delle esistenze urbane.Un pittore del sociale, sensibile ed incantato, che sa restare uno di noi .
Stefano Borghesi, Castel Bolognese 1998
……Bedeschi ha al suo attivo molteplici dimensioni di esperienza umana e culturale.Una di esse consiste nella partecipazione a occasioni di riflessione e solidarietà; due esempi: l’esperienza dell’arte come riabilitazione all’Oasi di Troina (Enna) in cui giovani portatori di handicap tra i sedici e i venticinque anni dipingono, docente animatore Bedeschi, su temi quali l’albero della vita, il mondo degli animali, l’Arca di Noè. La rivista “Risposte” di Luglio-Agosto 1998 riporta l’Arca di Noè in copertina.Secondo esempio, l’interpretazione delle pietre di Kaufungen, vicino a Kassel in Germania, ha visto Bedeschi impegnato in una grande tela di metri 3,20x2,60 a rileggere la storia della città. Questi lavori su tema gli richiedono una mediazione, un adeguamento tra richiesta e proprio modo di pensare e di dipingere, cui non si sottrae.Da ultimo, non certo di minor peso, la costruttività del rapporto con gli studenti nei lunghi anni di insegnamento al liceo Scientifico di Faenza, ove siamo stati colleghi. Concluso l’insegnamento liceale ha continuato ad insegnare per alcuni anni all’Università per adulti di Lugo ed ora all’Università aperta di Imola ove guida il laboratorio di disegno e di pittura.Qualità umane, competenza culturale e risorse artistiche trasmesse e condivise hanno creato una rete di rapporti che si mantiene viva e tenace: fra “lavoro” e rapporti interpersonali, Nevio continua a vivere la sua forza, la sua pensosità, che lo ha reso via via anche nella pittura meno aggressivo e più ricco di emozione, nella verifica di sé, nella disponibilità all’amicizia che sa donare con generosità e dolcezza.
Santa Cortesi, Faenza 2001